La casa di carta (elettorale)

GiovanniDelloIacovo
3 min readSep 5, 2021

In modo scombinato quasi ovunque si è chiuso, ieri, il rito della presentazione delle liste e dei candidati sindaco per le elezioni amministrative di domenica 3 e lunedì 4 ottobre.

Tra coalizioni iper-draghiane (naturalmente di “salute pubblca”), ircocervi partoriti dalla paura di gareggiare con spalti più vuoti di quelli di Tokyo 2020 e liste civetta, viene in mente quale febbrile estate scosse, invece, l’Italia prima di un’altra importante tornata di elezioni amministrative da celebrare in autunno: quella del 1993, le prime elezioni dirette dei sindaci e dei consigli comunali eletti con il sistema maggioritario.

A giugno 1993 si era sentito soffiare impetuoso il vento di una Lega Nord allora esplicitamente separatista, che prese il 40 per cento dei voti a Milano e elesse sindaco Marco Formentini.

Stiamo parlando delle elezioni che succedevano a un autentico sconvolgimento, di cui la tempesta giudiziaria denominata “Tangentopoli” fu un pezzo.
Il sistema che in modo sbrigativo avremmo chiamato della Prima Repubblica saltò per condizioni esterne e interne all’Italia: nel 1989 era caduto il Muro di Berlino; nel 1990 la Repubblica Democratica Tedesca fu incorporata nella Repubblica Federale Tedesca, realizzando la Germania unificata che conosciamo adesso; nel 1992 la lira italiana fu costretta a uscire (insieme alla sterlina inglese) dal Sistema Monetario Europeo per una gigantesca speculazione finanziaria internazionale; il 1° novembre 1993 entrò in vigore il Trattato di Maastricht e l’Italia riordinò i famelici comparti di spesa della sanità, della previdenza, del pubblico impiego e della finanza locale; tra 1990 e 1993 la temperie che chiedeva di modernizzare il rapporto tra sistema pubblico e cittadini produsse riforme legislative importanti e, infine, i grandi referendum che introdussero il sistema maggioritario per l’elezione di Camera e Senato, il sistema di voto dei sindaci, l’abolizione del Ministero delle Partecipazioni Statali,… Per non dire della strategia mafiosa che volle essere sensazionale e terroristica, partita con le stragi di Capaci e via D’Amelio nel 1992 e conclusa con gli attentati tra maggio e luglio dell’anno dopo.

Insomma: nell’autunno del 1993 si eleggevano sindaci in mezzo a queste spinte tutte sconvolgenti.
Eppure la leva civile della partecipazione politica era attiva ovunque e il discorso pubblico penetrava in ogni recesso della vita quotidiana.

Un frame diffuso per la campagna di lancio de “La Casa di carta - 5”

Adesso – quando la pandemia sembra spingere a esplorare cose nuove e tutti gli attori politici sembrano muoversi in frammenti di «Techetechete» – non succede.

Ieri sera alcuni amici, commentando gli aspetti desolanti che emergono da questa vigilia elettorale, sottolineavano che “a Foggia, abbiamo tutto il tempo per non precipitare in situazioni simili”.
Temo che succederà anche a Foggia, anche tra 18 mesi, se si procede per inerzia, senza rendersi conto della fatica che tocca fare esplorando e sperimentando in ogni direzione.

La cosiddetta “democrazia del pubblico” impone racconti sempre avvincenti e protagonisti eccitanti. Ma è esperienza comune di quanto sia depressa la dinamica di una storia che non feconda mode, atteggiamenti, linguaggi, pensiero, conflitto. È per questo che anche le serie più popolari – come “La Casa di Carta” – a un certo punto chiudono per esaurimento della vena creativa, e l’indicatore più attendibile della crisi è quasi sempre l’iperdosaggio degli elementi.

Nella democrazia del pubblico contano le caratteristiche e i mezzi che condizionano il processo comunicativo. Questo processo è evidente che si è impoverito perché chi lo condiziona ha consumato e non rinnovato capacità, competenze, idee, entusiasmi, la stessa possibilità di riflettere la complessità della realtà.

Perciò gli attori politici sembrano vagolare senza una trama e i casting finiscono deserti.

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GiovanniDelloIacovo

#Giornalista. Mi occupo di #comunicazione, #innovazione #digitale, #pianificazionestrategica e #sviluppolocale